Metodologia

La Ricerca-Azione (d’ora in avanti R-A) è una metodologia di ricerca-intervento che ha una lunga tradizione nella scuola. Quel che la contraddistingue è il coinvolgimento degli insegnanti in qualità di ricercatori, una caratteristica che contribuisce non poco a vincere le diffidenze che comunemente la scuola sviluppa verso chi le si presenta in veste di ricercatore.

Occorre dire che la diffidenza è spesso assolutamente motivata. Infatti capita che il mondo della ricerca “usi” la scuola solo per i propri interessi, chiedendo disponibilità al DS per poter fare interviste o focus, somministrare questionari, pianificare sessioni di osservazione partecipante. Poi il ricercatore sparisce e il più delle volte nemmeno restituisce una anche minima elaborazione dei dati alle scuole che gli avevano dato disponibilità. Si chiama ricerca “predatoria”, un aggettivo che rende bene l’idea.

La R-A gioca invece la carta della collaborazione. E come accennavamo sopra, rende protagonisti gli insegnanti, fianco a fianco ai ricercatori di professione. Il principio che sta alla base è quello della partecipazione, il presupposto concettuale è il superamento della divisione tra pratici e teorici. Secondo una categorizzazione vecchia ma ancora presente, i pratici sarebbero gli insegnanti e i teorici gli universitari. La R-A ne supera i limiti da cercare nell’artificiosa distinzione che rischia di produrre due caricature: quella di un insegnante “sul campo”, che “si sporca le mani” ma non conosce i quadri concettuali; quella di un ricercatore “nel suo studio”, che non ne sa nulla dei problemi della professione ma è forte sulla teoria. La R-A ristabilisce un equilibrio, mette gomito a gomito gli uni e gli altri, li fa collaborare, crea lo spazio per dei teorici-pratici e per dei pratici-teorici.
Detto di questo aspetto positivo della R-A, occorre però segnalarne un limite (almeno così lo intende la ricerca sperimentale). Come si dice tecnicamente, si tratta di una metodologia “idiografica”. Questo significa che i suoi risultati valgono solo ed esclusivamente per la scuola in cui la R-A è stata condotta, non sono generalizzabili.

Una via d’uscita a questo problema viene offerto dalle tecnologie digitali. Esse, infatti, consentono di condurre la stessa R-A in scuole diverse anche geograficamente lontane e di confrontare in tempo reale i risultati grazie alla condivisione on line. Quel che ne deriva è una nuova metodologia nota in letteratura come Ricerca-Azione on line (RAOL): essa continua a essere basata sulla collaborazione tra insegnanti e ricercatori, mantiene il proprio valore idiografico, ma grazie all’on line rende confrontabili i risultati che, quindi, divengono in qualche modo generalizzabili.

Proprio alla RAOL abbiamo pensato quando abbiamo ideato il nostro progetto per Valu.E, un progetto che nasce dalla collaborazione tra i centri di ricerca di tre Università: il CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica di Milano, Il Centro di Ricerca Interdipartimentale sull’Educazione Digitale dell’Università di Torino e il Sistema dei laboratori SmaIL dell’Università di Bologna.

L’idea è sviluppare le competenze di autovalutazione d’Istituto di Dirigenti e insegnanti attraverso un dispositivo fondato sul peer-to-peer. Proviamo a tratteggiarne sinteticamente il progetto.
  • Il progetto viene metodologicamente declinato secondo un disegno generale di RAOL che fa riferimento al BLEC Model di CREMIT. La Ricerca-Azione On line (RAOL) è una metodologia fondata nell’esperienza di Strunk & Fowler-Frey (1996) e poi ripresa e fissata nelle sue linee metodologiche da Calvani (1999), in grado di far interagire e cooperare le scuole coinvolte accompagnandole alla progressiva focalizzazione sui problemi. Per quel che riguarda il BLEC Model (Rivoltella, 2012) è un dispositivo formativo basato su tre dimensioni:
  • il Blended Learning ovvero un’alternanza di momenti in presenza e on line volti a favorire la costruzione del gruppo di lavoro (dei DS e degli insegnanti referenti) e avviare una comunità di pratica nella rete delle scuole coinvolte;
  • le Etivity (Salmon 2000; 2002) ossia microattività attraverso le quali scandire il lavoro formativo all’interno della on line community;
  • il Coaching, diversamente dal Tutoring, mediante la figura di un operatore cha ha la duplice caratteristica: di essere esperto di contenuto e di orientare.